Introduzione de “La Genesi del Superuomo”

E può darsi che troveremo
Quando tutto sarà fallito
Nascosta dentro
La chiave del perfetto cambiamento

SRI AUROBINDO Savitri. II. X. 290

I segreti sono semplici.
Perche la verità e semplice, la più semplice cosa del mondo. Per questo non riusciamo a vederla. Non esiste al mondo che una sola Gnosi, non due, come i fisici e i matematici hanno incominciato a capire e come sa il fanciullo che sorride all’onda della grande spiaggia dove la spuma sembra svolgersi dal fondo del tempo e raggiungere il gran ritmo che sorge da un vecchio ricordo che unisce i giorni e le pene in una sola storia, così vecchia, che diviene l’ampia presenza inalterabile di un’immensità che può restar sospesa all’ala di un gabbiano. E tutto è contenuto in un secondo, la totalità delle epoche e delle anime, in un semplice punto che brilla un istante nell’impazzire della schiuma. Ma questo punto l’abbiamo perduto, e questo sorriso e questo secondo che canta. Abbiamo allora voluto ricostruire l’Unità mediante una somma: 1+1+1… come i nostri ordinatori, come se la collezione di tutti i poteri possibili su tutti i punti possibili, finisse per darci la nota giusta, la sola nota che fa cantare, muovere i mondi, e il cuore di un fanciullo dimenticato. E mentre abbiamo voluto manifatturare questa Semplicità per tutte le borse, mentre i bottoni della scienza si moltiplicavano semplificando la vita, l’uccello elit sorriso s’involavano con la bella schiuma contaminata dai nostri calcoli. Non sappiamo neppure se i nostri corpi ci appartengono, la bella Macchina ha tutto divorato.
Questa unica Cosa è anche l’unico Potere, poiché ciò che brilla in un punto, brilla anche negli altri punti. Una volta questo compreso, tutto il resto è compreso — non vi è al mondo che un solo Potere, non due. Anche un fanciullo puo capirlo: è il re, è invulnerabile. Ma il fanciullo cresce e dimentica. Gli uomini sono cresciuti, le nazioni, le civiltà cercano ognuna a suo modo il Gran Segreto, il semplice segreto — mediante le armi, le conquiste, la meditazione, la magia, la bellezza, la religione o la scienza. A dire il vero non sappiamo con certezza chi fra di noi è il più avanzato; se l’operaio dell’Acropoli, il mago di Tebe, l’astronauta di Capo Kennedy o il monaco cistercense, perche gli uni, per comprendere, hanno rifiutato la vita, gli altri l’hanno accettata senza comprenderla; qualcuno ha lasciato una traccia di bellezza ed altri ancora una bianca scia nel cielo — siamo gli ultimi dell’elenco! ecco tutto. E non abbiamo ancora la nostra magia. Il punto, il piccolo e onnipotente punto e sempre là, sulla spiaggia del gran mondo che brilla per chi vuole, come brillava sotto le stelle quando non eravamo ancora uomini. Tuttavia il Segreto è stato toccato da altri: lo avevano forse i Greci, certamente gli Egiziani e i Rishi dei tempi vedici. Ma, sul bell’albero, ci sono tanti segreti quanti fiori; hanno la loro stagione, la loro mi-steriosa spinta e l’improvviso sbocciare. Per tutto esiste il « momento », per la congiunzione degli astri sulle nostre teste e per il volo di un cormorano sulle rocce bianche di spuma, e forse, al ritmo dell’onda e scaturito un istante, e tutto si muove secondo un rito unico. È lo stesso per l’uomo. Un segreto, cioè una conoscenza, cioè un potere, possiede i1 suo tempo organico e una piccola cellula isolata, più evoluta delle altre, non può incarnare il potere di conoscenza, cambiare il mondo, accelerare la fioritura del grande albero a meno che tutto it resto del terreno evolutivo sia pronto.
Il tempo è venuto. È venuto e germoglia ovunque sulla terra anche se il fiore invisibile è ancora una pustola velenosa. Gli studenti di Calcutta decapitano la statua di Gandhi, i vecchi dei sprofondano e gli spiriti nutriti d’intelligenza si abbandonano alla distruzione e chiamano i Barbari alle loro frontiere come gli antichi Romani dell’epoca imperiale, per liberarsi dalle catene che li imprigionano; altri attingono dai paradisi artificiali — tutte le strade sono buone meno quella! E la terra ansima, geme da tutte le sue piaghe, dalle sue innumerevoli piaghe, da tutte le cellule del suo grande corpo in via di trasformazione. II cosiddetto « male » della nostra epoca è un parto mascherato che non sappiamo da che parte prendere. Ci troviamo davanti a una nuova crisi evolutiva, tanto radicale quanto dovette esserlo la prima aberrazione dell’uomo fra le grandi scimmie.
Ma dato che questo corpo terrestre è unico, il rimedio e unico come la verità e, un solo punto trasmutato, trasmutera tutti gli altri. Questo punto non è però reperibile nelle leggi fatte per migliorare, nelle scienze, nelle religioni, nelle scuole, negli « ismi » di tutti i colori e di tutti gli odori — tutto ciò fa parte della vecchia Meccanica e non si tratta di stringere un bullone, né di aggiungere né di migliorare, siamo ai limiti della soffocazione. Quel punto non si trova neppure nella nostra intelligenza — è stata la costruttrice della Meccanica —, non nella possibilità di migliorare gli umani che sarebbe ancora la glorificazione della sua debolezza e delle sue passate grandezze — « l’imperfezione dell’uomo non è l’ultima parola della Natura », diceva Sri Aurobindo, « e neppure la sua perfezione la più alta vetta dello Spirito ». Lo troveremo in un avvenire ancora inconcepibile per la nostra intelligenza ma che tenta di farsi strada nell’intimo dell’essere, come il fiore di cesalpina quando tutte le foglie sono cadute.
Supepure la sua perfezione la piti alta vetta dello Spirito » (1). Lo troveremo in un avvenire ancora inconcepibile per la nostra intelligenza ma che tenta di farsi strada nell’intimo dell’essere, come il fiore della cesalpinia quando tutte le foglie sono cadute.
Ma se andiamo nella profondità delle cose troveremo la leva del futuro. E dov’è questa profondita, questo cuore che non si trova in tutto ciò che, secondo le norme umane, crediamo bello e buono?… Un giorno i primi rettili usciti dalle acque vollero volare; i primati che uscirono dalla foresta gettarono uno sguardo indagatore sulla terra; una stessa spinta irreprimibile li induceva a guardare verso una condizione diversa e, forse, tutta la potenza di trasformazione era contenuta in quel semplice sguardo VERSO l’altra cosa, come se quello sguardo, quel richiamo, quel punto dell’ignoto che gemee, avesse il potere di dissuggellare le sorgenti del futuro.
Quel punto contiene tutto, può tutto, è la scintilla di un Sé solare, innumerevolmente unico che brilla nel cuore degli uomini e delle cose, in ogni punto dello spazio, in ogni secondo del tempo, in ogni fiocco di spuma, e che diviene instancabilmente il sempre più che ha intravisto in una frazione di lampo.
L’avvenire è per coloro che si danno totalmente all’avvenire.
Noi affermiamo che esiste un avvenire piu meraviglioso di tutti i paradisi elettronici della mente e che l’uomo non è il modello finale come l’archeopterix non era il punto finale dei rettili — dove si arrestera la grande onda dell’evoluzione? Lo vediamo bene, abbiamo l’aria d’inventare macchine sempre più meravigliose, di allontanare sempre di più i limiti del potere umano, di avviarci verso Giove e Venere; ma le arie sono sempre più irrespirabili e i limiti non indietreggiano di un passo. Spediamo ai limiti del cosmo un piccolo miserabile essere che non riesce neppure a guidare la propria tribù, e le sue caverne non rinchiudono più né un drago né un bambino che piange. Non progrediamo, gonfiamo smisuratamente un’enorme vescica mentale che potrebbe benissimo scoppiarci sul naso: non abbiamo migliorato l’uomo, l’abbiamo solamente ingigantito. E non poteva essere diversamente; la mancanza non consiste in qualche deficiente nostra virtù o nel nostro intelletto, in quanto spinti all’estremo non potreb-bero fare che dei supersanti o delle supermacchine: dei mostri. Un rettile santo nel suo buco non rappresenterebbe una sommità evolutiva più di quanto non lo farebbe un santo monaco. Allora, se non c’è veramente nulla di meglio, è inutile insistere, finiamola subito. In verità, la sommità dell’uomo — o la sommità di qualsiasi altra cosa —non e ottenibile attraverso i grandi del tipo considerato, ma in « qualcosa » d’altro, che non è del suo tipo, ma che aspira a divenirlo. Tale è la legge dell’evoluzione. Noi diciamo che esiste un avvenire più meraviglioso dei paradisi elettronici della mente e che l’uomo non è il punto finale; l’uomo è « un essere di transizione », diceva molto tempo fa Sri Aurobindo, un essere in cammino verso il superuomo, così inevitabilmente, come l’ultima foglia dell’ultimo ramo e contenuta nel seme del mango. E la nostra sola e vera occupazione, il nostro solo problema, il solo quesito di tutti i tempi ancora da risolvere, la questione che dilania il nostro grande vascello terrestre attraverso la sua dolorante struttura è: come operare il passaggio?
Anche Nietzsche l’ha detto. Ma il suo superuomo, l’abbiamo visto irrompere sull’Europa, era solamente una colossalizzazione dell’umano; non era un progresso evolutivo, ma un ritorno alla vecchia barbarie del bruto biondo o bruno dell’egoismo umano. Non abbiamo bisogno di un superuomo, ma di qualcosa d’altro che già balbetta le prime parole nel cuore dell’uomo ed è così differente da questi come le cantate di Bach lo sono dai primi grugniti dell’ominide. E, a dire il vero, le cantate di Bach son pocacosa quando l’orecchio interiore si apre alle armonie del Futuro.
È questa l’apertura, questo il passaggio che vogliamo studiare alla luce di ciò che abbiamo appreso da Sri Aurobindo e da Colei che continua la sua opera, e il modus operandi della transizione che vogliamo conoscere, per afferrare i comandi e lavorare metodicamente alla nostra prorpia evoluzione – fare l’evoluzione sperimentale – come altri tentano di produrre embrioni nelle loro provette, ma che probabilmente non arriveranno ad ascoltare che l’eco dei propri mostri.
Il segreto della vita non è nella vita né quello dell’uomo nell’uomo, come il « segreto del loto non si trova nel fango che gli dà la vita », diceva Sri Aurobindo, e tuttavia, il fango si mescola a questo raggio di sole per creare un altro grado di armonia. È questo il punto di congiunzione, questo il punto do trasmutazione che dobbiamo trovare, e riscopriremo allora ciò che un fanciollo tranquillo sulla spiaggia guardava in un fiocco di spuma impazzita; la suprema music ache tesse i mondi, l’unica Meraviglia che attendeva la sua ora. E ciò che sembrava un’impossibilità umana diverrà un giuoco da bambini.

 

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